Manifesto dei valori PD

03.02.2013 16:20

 

Manifesto dei Valori

del Partito Democratico

Approvato il 16 febbraio 2008

1. Le ragioni del Partito Democratico

La nascita del Partito Democratico ha creato le condizioni per una svolta, non soltanto politica,

ma anche culturale e morale, nella vicenda italiana. È in campo una forza che si propone di dare al Paese,

finalmente, una nuova guida. Si riapre una speranza, si può tornare a pensare il futuro. Questa grande

forza popolare, intorno alla quale si stanno raccogliendo le tradizioni culturali e politiche riformatrici del

Paese, si pone il compito di mobilitare le energie e i valori del nostro popolo per rimettere questo Paese in

cammino. Bisogna fare un’Italia nuova. Questa è la ragione ed è la missione del Partito Democratico:

ricollocare l’Italia negli inediti scenari aperti dalla globalizzazione del mondo, riunire gli italiani sulla

base  di  un  rinnovato  patto  di cittadinanza,  dare loro la coscienza e l’orgoglio  di essere  una  grande

nazione.

Non possono più restare senza risposta le grandi domande dei giovani i quali, per la prima volta

dal dopoguerra, non hanno fiducia nel futuro e temono un destino di precarietà e insicurezza permanenti.

È tempo di abbattere gli ostacoli che vengono da una società chiusa, soffocata dai corporativismi,  e che

difende l’esistente e le rendite di posizione. Ridare voce ai giovani è essenziale perché sono loro a porre

quella domanda di valorizzazione dei talenti e delle energie e di liberalizzazione della società che è ormai

ineludibile.

La possibilità e la necessità stessa di questo disegno sono nelle cose.  Una gran parte degli assetti

sociali e delle strutture di governo dello Stato e dell’economia italiani è diventata anacronistica e non è

più in grado di rispondere alle nuove sfide della mondializzazione. A ciò si è aggiunto il fatto che un

sistema politico rissoso e frammentato ha indebolito gravemente la capacità dei governi e delle istituzioni

democratiche  di prendere le grandi decisioni che sono necessarie allo sviluppo del Paese. Si è creato così

un  vuoto  politico  molto  pericoloso, che  ha  dato  spazio alla  demagogia  populistica, all’arroganza   di

ristrette   oligarchie   e   anche   a   poteri   opachi   che  tendono   a   sottrarsi   al  controllo   della  legge   e   delle

istituzioni democratiche.

Il Paese,  di conseguenza,  perde  fiducia in  se  stesso e  non  utilizza tutto il  suo  potenziale  di

crescita, non investe a sufficienza nella ricerca, nella cultura e nell’educazione, non si mette in condizione

di generare nuove iniziative imprenditoriali, penalizzando così le giovani generazioni, il talento delle

donne, le forze creative della nazione. Diventa reale il rischio che l’Italia si declassi nel mondo e si dividatra aree  forti, integrate  in Europa, ed aree  marginali e  dipendenti; tra ceti capaci  di competere  con

successo nel mondo globalizzato e vasti strati sociali in sofferenza, di nuovo in lotta con la povertà.

Il  Partito Democratico   nasce   per  affermare   che   questo  non  è   un  destino inevitabile.   Il  suo

messaggio di  fiducia parte dalla convinzione che  le energie del Paese  sono grandi e possono essere

risvegliate attraverso un processo di profondo rinnovamento della società italiana e la formazione di una

nuova classe dirigente, in grado di tornare a guidare gli italiani sulle vie del mondo, quelle vie che un

grande popolo come il nostro ha saputo percorrere per secoli con la sua civiltà.

 Questa è la novità del Partito Democratico. Nasce un partito che è determinato ad affrontare il

nodo che sta soffocando il paese: la mancanza di  una democrazia forte, in grado di decidere. Proprio

perché non si riconosce più in rigide ideologie di appartenenza, la società italiana ha bisogno di un nuovo

quadro politico di riferimento. Nel Partito Democratico confluiscono grandi tradizioni, consapevoli della

loro inadeguatezza, da sole, a costituire questo riferimento. Grandi tradizioni, tra le quali quel profondo

processo  unitario che  fu alla  base  della lotta al  fascismo e  della  guerra  di liberazione. Un  processo

politico,   ma   anche   ideale   e   sociale,   che   consentì   alla   vecchia   Italia   di   compiere   una   rivoluzione

democratica. Tuttavia il problema di oggi, se vogliamo far  rivivere questo patrimonio, non è mettere

insieme i resti di storie passate, ma elaborare una visione condivisa del mondo, costruendo su questa base

il progetto di una nuova Italia.

In questo difficile passaggio, il Partito Democratico rappresenta lo sviluppo e la realizzazione

dell’Ulivo, come soggetto e progetto di centrosinistra nel quadro di un bipolarismo maturo. Un partito

democratico e riformatore non solo nella sua ispirazione ideale e programmatica, ma anche in quanto

attivamente impegnato a promuovere l’evoluzione e la riforma del sistema politico­istituzionale verso una

democrazia competitiva, imperniata sulla sovranità del cittadino­elettore, arbitro della scelta di governo.

La  vocazione maggioritaria  del Partito Democratico, il suo proporsi come partito del Paese,

come grande forza nazionale, si manifesta nel pensare se stesso, la propria identità e la propria politica,

non già in termini di  rappresentanza parziale di segmenti più o meno grandi della società, ma come

proiezione della sua profonda aderenza alle articolazioni e alle autonomie civili, sociali e istituzionali

proprie del pluralismo della storia italiana e della complessità della società contemporanea, in una visione

più ampia dell’interesse generale e in una sintesi di governo, che sia in grado di dare adeguate risposte ai

grandi problemi del presente e del futuro.

Nasce da qui l’esigenza di costruire  un bipolarismo nuovo, fondato su chiare alleanze per il

governo e non più su coalizioni eterogenee, il cui solo obiettivo sia battere l’avversario. Ciò che noi

vogliamo è coniugare l’intransigenza sui princìpi e sui valori, la passione per i grandi obiettivi politici e

programmatici che motivano la scelta per il centrosinistra, con il rispetto per gli avversari, il ripudio della

violenza reale e simbolica, il senso del limite della politica, la sua laicità.

Il superamento della crisi della politica può essere perseguito solo attraverso la promozione di

una nuova classe dirigente e un rinnovamento delle sue forme di selezione che stabilisca un rapporto più

diretto e costante  fra la politica e la  società,  riduca i privilegi  impropri della  dirigenza politica e la

elefantiasi degli organismi istituzionali. 

La libertà delle donne sta cambiando il mondo. Le donne si collocano al centro del ripensamento

profondo che è in atto e che riguarda i modi in cui si sviluppano le società umane. Esse impongono un

cambiamento radicale nelle relazioni tra le persone. Tuttavia sono oggetto di reazioni feroci, di violenze

sessuali, di violazioni del corpo. Contro tutto ciò noi abbiamo il dovere di combattere. Anche in Italia la

presenza delle donne nel lavoro e nella vita civile ha  rappresentato una parte  rilevante della crescita

economica e culturale e ha condizionato la nostra modernizzazione. È tempo quindi di superare graviritardi e di aprire le porte alle donne dando loro non solo gli stessi diritti ma anche le stesse opportunità in

tutti i campi, compresa la politica. L'Italia non è giusta né  forte se impedisce alla metà del Paese di

esprimere al meglio i propri talenti. Le donne sono le prime interessate al rinnovamento della politica.

Perciò il Partito Democratico sarà coerente rispetto alla grande novità con cui si è presentato al Paese: il

50 per cento di donne nelle sue assemblee costituenti nazionali e regionali.

2. Un partito aperto nel mondo globalizzato

Il Partito Democratico si presenta agli italiani come un partito aperto, uno spazio concreto di

dialogo costruttivo e propositivo; un laboratorio di idee e di progetti, in cui le diverse storie politiche,

culturali   ed   umane   che   sono   venute   a   formarlo   diventano   fattore   di   arricchimento   e   fecondazione

reciproca; un soggetto politico nuovo che vuole affrontare le radicali trasformazioni in atto in Italia, in

Europa e nel mondo.

La sua progettualità politica non può prescindere dagli scenari aperti dalla globalizzazione: un

processo che instaura legami sempre più fitti e irreversibili di interdipendenza fra nazioni, popoli e culture

a livello planetario. Un’intensa circolazione di persone, di merci, di capitali, di idee, di risorse attraversa e

trasforma   i   continenti,   determinando   geografie   umane,   economiche   e   finanziarie   che   sfuggono   alle

definizioni e ai controlli tradizionali. È questa  realtà in costante mutamento che  rende  necessario  un

ripensamento della  politica e una  ridefinizione dell’idea e  dei  poteri degli Stati  nazionali. Sta qui la

ragione  per cui i  grandi  partiti che  dominarono le  società  industriali  del Novecento appaiono  ormai

anacronistici. È la necessità di misurarci con i processi storici e culturali in atto, che coinvolgono i popoli

in un comune destino planetario, è l’urgenza di affrontare inediti e decisivi problemi globali, a cominciare

dai cambiamenti climatici, a imporre la necessità di rafforzare e rinnovare le istituzioni internazionali e

multilaterali, a cominciare dalle Nazioni Unite. 

Non possiamo più parlare di una condizione umana acquisita una volta per tutte: le conseguenze

delle ricerche in campo genetico e biomedico, i cambiamenti culturali e comportamentali indotti dalle

innovazioni tecnologiche ed economiche, il carattere globale degli scambi fra nazioni e culture innescano

una rapida evoluzione di tutte le identità umane, individuali e collettive. Sempre più la “natura umana”

appare nella sua unicità e vulnerabilità, e risulta dipendere dalla nostra consapevolezza e dalla nostra

responsabilità verso le future generazioni e la natura.

Sempre più, il sapere si rivela come il discrimine che può separare grandi opportunità da enormi

disuguaglianze sociali. La frattura tra coloro che sanno e coloro che non sono ammessi al sapere può

rappresentare un rischio grave per la democrazia. Il Partito Democratico, in questo scenario, si batte per

un   accesso   universale   al   sapere,   quale   espressione   di   un   nuovo   umanesimo:   un   grande   progetto   di

democrazia della conoscenza, che aiuti i cittadini a comprendere le implicazioni degli sviluppi tecnico­

scientifici, nonché i dilemmi etici e antropologici che essi possono sollevare.

Tutto il nostro sguardo è rivolto al futuro. Negli scenari complessi del mondo globalizzato non

esistono solamente nuovi problemi, ma anche nuove opportunità. Si è aperta una nuova epoca. È cambiata

la geografia   politica ed economica del mondo. La crescita di nuove potenze come la Cina, l’India, il

Brasile, muta non solo l’asse dello sviluppo economico, ma la presenza reale delle masse umane sulla

scena del mondo e impone all’intera umanità di attuare le condizioni di uno  sviluppo sostenibile, nel

quale il cammino verso il benessere di tanti non si traduca in una crisi ecologica irreversibile per tutti.

Milioni di persone, in gran parte giovani, sono entrati nella rete dei consumi, dei bisogni, delle

informazioni. Con l’assoluta necessità di affermare la propria identità e quindi il rischio che in assenza di

nuovi valori il vuoto venga riempito da contrapposizioni razziali, violenze, guerre di religioni. Di qui lacentralità e l’universalità dei diritti umani. Il Partito Democratico si impegna affinché la cultura dei diritti

umani  sia  sempre  più condivisa, al  di là  delle  barriere  politiche,  geografiche,  religiose. Essa mira a

eliminare  ogni  violazione  della  dignità e  della  vita  della  persona,  rimuovendo le cause che  possono

pregiudicarne lo sviluppo, e ogni discriminazione e violenza per motivi di appartenenze razziali e sociali,

di schieramento politico e culturale, di religione, di genere e di orientamento sessuale. 

La costruzione dell’unità dell’Europa, il più straordinario progetto politico che ereditiamo dal

Novecento, è il contesto più favorevole per affermare un nuovo umanesimo. Noi europei abbiamo una

storia che, anche attraverso i suoi errori e i suoi drammi, ha elaborato culture, valori e idee che oggi

permettono   di   definire   e   perseguire   obiettivi   fondamentali   per   il   mondo   intero:   gestire   in   modo

democratico   ed   efficace  i  processi   di   globalizzazione;  liberalizzare  i  mercati   e,   nello  stesso tempo,

diminuire le disparità economiche fra nazioni, regioni e ceti sociali; edificare un solido progetto di libertà

e di giustizia; dare concretezza alla prospettiva di uno sviluppo sostenibile. L’Europa ha abbattuto le

barriere che separavano popoli diversi, riunendoli intorno a regole comuni e a istituzioni condivise, e

trasformando   le   vecchie   frontiere   in   luoghi   di   scambio,   di   incontro,   di   cooperazione.   L’Europa

rappresenta, sul piano internazionale, un modello di identità nella diversità  che il Partito Democratico

intende realizzare al suo interno e auspica di promuovere nell’intero Paese. Ci ricorda che l’autentica

vocazione dell’Italia è essere luogo di mediazione, di dialogo, di incontro tra diverse civiltà in Europa e

nel Mediterraneo.

Il   processo   di   unificazione   europeo   è   ancora   frenato   dalle   forti   resistenze   degli   egoismi

nazionalistici, che il  Partito Democratico   vuole contrastare  per  realizzare   una compiuta integrazione

politica e democratica: tale processo va accelerato, rafforzando la legittimazione e le basi democratiche

dell’Unione. Il Partito Democratico intende contribuire a costruire e consolidare, in Europa e nel mondo,

un  ampio campo  riformista, europeista e  di centrosinistra,  operando in  un  rapporto  organico con le

principali forze socialiste, democratiche e progressiste e promuovendone l’azione comune. 

3. Nel solco della Costituzione: etica pubblica e laicità

Il Partito Democratico vuole assicurare all’Italia una democrazia libera e forte: una democrazia

intesa come partecipazione, inclusione, solidarietà, autogoverno, ma anche come capacità di decisione,

come assunzione di responsabilità verso il bene comune. Il Partito Democratico crede nella democrazia

come riconoscimento e ampliamento dei diritti della persona, delle capacità delle donne, delle speranze

dei giovani, dell’esperienza degli anziani, del lavoro intelligente di tutti. Perché la libertà di ognuno sarà

tanto più effettiva quanto più i diritti di tutti saranno garantiti. E tuttavia, il Partito Democratico sa bene

che   anche  la   conquista  di  nuovi  diritti  può  rivelarsi   effimera,   se  non  si  afferma  un’etica  pubblica

condivisa, che consenta agli italiani di nutrire un senso più alto dei loro doveri.

La Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista, è il documento fondamentale

dal quale prendiamo le mosse. La Costituzione non è una semplice raccolta di norme: oggi non meno di

ieri è la decisione fondamentale assunta dal popolo italiano sul come e sul perché vivere insieme. È il più

importante fattore di unità nazionale e di integrazione sociale, proprio in quanto assicura il consenso della

comunità sui princìpi della convivenza al suo interno e permette di dirimere i conflitti di opinioni e di

interessi. Il Partito Democratico riconosce i valori che ispirano la Carta costituzionale, unitamente a quelli

della Carta dei diritti umani fondamentali dell’Unione Europea e della Dichiarazione universale dei diritti

dell’uomo delle Nazioni Unite, e li assume come princìpi validi per tutti, al di là delle disuguaglianze

legate alla nascita, all’educazione, al reddito e alle condizioni individuali.

La sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella

certezza che essa non è alla mercè della maggioranza del momento, e resta la fonte di legittimazione e dilimitazione di tutti i poteri. Il Partito Democratico si impegna perciò a ristabilire la supremazia della

Costituzione e a difenderne la stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a

colpi   di   maggioranza,   anche   promuovendo   le   necessarie   modifiche   al   procedimento   di   revisione

costituzionale.   La Costituzione  può  e   deve   essere   aggiornata,   nel  solco  dell’esperienza   delle  grandi

democrazie  europee,   con  riforme  condivise,  coerenti  con i  princìpi  e i  valori  della Carta  del  1948,

confermati a larga  maggioranza dal referendum del 2006.

Una democrazia forte e capace di decidere esige che vengano assicurati la leale collaborazione

tra i diversi livelli di governo, la protezione nel tempo delle decisioni istituzionalmente condivise e regole

di soluzione dei conflitti che chiariscano i limiti di esercizio della democrazia di prossimità e restituiscano

al governo nazionale l’autorevolezza e l’autorità necessarie sulle questioni di prevalente interesse per

l’intero Paese.

Il principio costituzionale della laicità dello Stato rappresenta un valore essenziale dell’impegno

del Partito Democratico. La laicità dello Stato garantisce il rispetto di ogni persona nelle sue convinzioni

più profonde e assicura a ciascuno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Allo stesso modo, tanto più in

un’epoca contrassegnata da nuove conquiste di civiltà, ma anche da antichi e recenti fondamentalismi, la

laicità dello Stato garantisce che le istituzioni appartengano a tutti e che le decisioni democratiche siano

assunte in modo libero e autonomo.

La laicità presuppone  uno spazio pubblico di libero confronto: noi concepiamo la laicità non

come   il   luogo   di   una   presunta   neutralità,   ma   come   rispetto   e   valorizzazione   del   pluralismo   degli

orientamenti culturali, e quindi anche come riconoscimento della rilevanza, nella sfera pubblica e non

solo privata, delle religioni, dei convincimenti filosofici ed etici, delle diverse forme di spiritualità. Le

energie morali che scaturiscono dalle esperienze culturali, spirituali e religiose, quando riconoscono il

valore del pluralismo e del dialogo, rappresentano un elemento vitale della democrazia.

La nuova storia che si sta spalancando davanti all’umanità pone alle coscienze di tutti problemi

etici e interrogativi inediti. La laicità è la condizione perché culture e concezioni ideali diverse non solo

convivano, ma si ascoltino, così da produrre nuove visioni e nuove sintesi in vista della riflessione e

dell’azione che questi problemi rendono quanto mai indispensabili. 

4. Un’Italia più libera, più giusta e più prospera

Noi vogliamo un’Italia più libera, più giusta e più prospera. I nostri princìpi ispiratori sono da un

lato la valorizzazione dei talenti e dei meriti; dall’altro la promozione di un tessuto sociale egualitario e

solidale, in cui nessuno si perda o resti indietro. Pensiamo che sia necessario un profondo cambiamento

del nostro sistema produttivo, sia incentivando l’innovazione e la crescita delle imprese, sia valorizzando

il lavoro e i talenti custoditi nel fitto tessuto delle comunità locali che da sempre alimentano la nascita di

nuove imprese e la nostra grande tradizione artigianale. Vogliamo un’Italia che sappia mettere a frutto,

anche sul terreno della competizione economica globale, le sue più grandi ricchezze: la creatività, la

qualità ambientale e culturale, la coesione sociale. Vogliamo un’Italia più unita e più omogenea sul

piano economico e sociale, più moderna e meno frammentata nella dotazione di infrastrutture. 

Per questo vogliamo rilanciare una strategia per lo sviluppo del Mezzogiorno, valorizzando le

grandi risorse culturali e civili di cui questa parte d’Italia è ricca, e cogliendo l’opportunità di farne il

principale raccordo capace di unire, attraverso il Mediterraneo, l’Europa all’Asia e all’Africa.

La priorità è far ripartire lo sviluppo del Paese, rilanciare una crescita sostenibile e di qualità,

quella che è mancata negli ultimi anni. Per questo obiettivo dobbiamo mobilitare tutte le energie di cui èricca la società italiana. Un mercato aperto è strumento essenziale per la crescita. Compito dello Stato non

è interferire nelle attività economiche, ma fissare le regole per il buon funzionamento del mercato, per

mantenere la concorrenza anche con politiche di liberalizzazione e per creare le condizioni di contesto e

di convenienza utili a promuovere innovazione e qualità.

Noi vogliamo una società aperta che consideri le persone in base alle loro qualità, rimuovendo

gli ostacoli economici e sociali, e premiando il merito e non i privilegi. Vogliamo che a ciascuno sia

garantita la libertà di realizzarsi secondo i suoi talenti e le sue inclinazioni, senza distinzioni di genere o

di provenienza sociale, di opinioni politiche o religiose. L’estensione dei diritti di cittadinanza è parte

costitutiva di una concezione moderna della crescita, oltre i soli parametri economici. Cittadinanza e

inclusione sono la leva di un nuovo civismo e di nuove opportunità per i singoli, nelle scelte formative e

professionali, come nella dimensione sociale e affettiva. In questo quadro vanno riconosciuti e disciplinati

per legge i diritti e doveri delle persone conviventi in unioni di fatto.

Ciò che deve scandalizzare non è solo la povertà, è la mancanza di opportunità: la povertà di un

bambino che non può studiare, lo sfruttamento indecente di un lavoratore, la frustrazione di un giovane

che  si  vede chiudere tutte le  porte,  di  una  donna che  deve ancora   scegliere  fra maternità  e lavoro.

Correggere le differenze abissali dei punti di partenza tipici di una società chiusa e castale, e offrire

uguali opportunità a tutti sono i due pilastri che tengono insieme sviluppo ed equità.

Rimettere in movimento le forze produttive, l’intelligenza, la creatività, la cultura non sarà una

operazione indolore. Comporta uno scontro duro con privilegi grandi e piccoli molto ramificati. Proprio

per questo il Paese ha bisogno di una forza politica che abbia il coraggio di affrontare quel groviglio di

compromessi che  ha creato  rendite corporative  o speculative,  favorendo il lavoro nero e l’esclusione

relativa delle donne e dei giovani dalle attività produttive, che ha alimentato le arretratezze dei servizi,

della  scuola,  della  ricerca,  della  giustizia,  della  pubblica amministrazione. Noi intendiamo affrontare

questo compito. 

Cruciale è la dignità del lavoro, che dev’essere difesa e valorizzata in tutte le sue espressioni.

Questo è il nostro impegno ed esso si colloca nel solco di quello che è sempre stato un obiettivo primario

delle   tradizioni   politiche   e   culturali   che   convergono   nel   Partito   Democratico.   Il   lavoro   è   una

manifestazione essenziale della creatività umana; realizza le capacità e rafforza l’autonomia e la dignità

delle  persone; è  fattore insostituibile di dinamismo  sociale, luogo e  strumento per la trasmissione di

esperienze e di cultura. In particolare, il lavoro delle donne, la sua concreta ed effettiva promozione,

anche   attraverso  politiche  di incentivazione  dell’occupazione  femminile e  di armonizzazione con il

lavoro di cura e la sua redistribuzione tra i sessi, è un fattore essenziale per la crescita economica e la

modernizzazione del Paese. 

Ovunque,   il   lavoro   si   è   enormemente   differenziato,   anche   perché   la   velocità   dei   processi

innovativi impone  flessibilità e  frequenti cambiamenti nel corso della vita lavorativa. Ma è la natura

stessa della produzione a chiedere sempre meno fatica e sempre più partecipazione, sapere, intelligenza,

ed è questo a richiedere non la riduzione del lavoro a merce precaria esposta a continui pericoli anche

mortali, bensì la sua tutela e la valorizzazione del suo ruolo sociale. Il lavoro è la vera ricchezza delle

nazioni ed è una leva potente per spingere le imprese verso produzioni più qualificate. Nessun Paese può

essere  fondato su lavori “precari” e  su “vite di  scarto”.  Il Partito Democratico  si muove  nella piena

consapevolezza che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

Nella società attuale, in un mondo globalizzato e tecnologico, è cresciuta l’interdipendenza fra

impresa e lavoro. Nella nuova economia è necessario il coinvolgimento del mondo del lavoro sia nelle

grandi questioni sociali con forme efficaci di concertazione, sia nell’impresa, attraverso nuove forme di

democrazia   economica.   La   partecipazione   dei   lavoratori   nell’impresa   è   richiesta   dalle   accresciuteesigenze di formazione, dal crescente contenuto di conoscenze presente nei processi produttivi e quindi

dalla necessità di valorizzare le maggiori conoscenze in possesso di lavoratori sempre più scolarizzati.

Le  imprese  hanno un ruolo decisivo per vincere la sfida della competitività e per rimettere il

Paese sulla via della crescita. Sono chiamate ad essere innovative, ad agire con prospettive di lungo

periodo,  puntando  sulla  qualità;  sono tenute ad essere  responsabili,  sia  nei confronti  dei  dipendenti,

garantendo loro salari adeguati e sicurezza, sia nei confronti del contesto ambientale e sociale in cui

operano. 

La competizione ha bisogno, per esplicare la sua funzione creativa e costruttiva, di un contesto in

cui valgano il rispetto intransigente delle regole, l’imparzialità dello spazio pubblico in cui si esercita la

competizione, l’efficacia degli strumenti di valutazione, la “cultura del risultato”. Le regole devono valere

ovunque. Solo nell’ambito di regole davvero fondate sul merito diventa possibile a ciascuno affermare le

proprie capacità e aspirazioni, realizzandole col proprio lavoro.

Sta qui il senso più profondo della risposta che il Partito Democratico deve dare allo scontento

dell’area   del  Paese che  maggiormente   si  confronta  con le  sfide  della  globalizzazione.   Il  fossato tra

cittadini e politica che si sta scavando in certe zone del Nord si spiega col fatto che la politica spesso si

presenta con il volto di una pubblica amministrazione e di una burocrazia non all’altezza di ciò di cui la

società e le imprese hanno bisogno, non valorizzando né sostenendo creatività e meriti. In ciò consiste la

cosiddetta questione settentrionale: nella necessità di ricostruire le ragioni e le condizioni di un patto coi

cittadini che sconfigga l’idea di uno Stato ostile, capace perlopiù di chiedere e non di dare le risposte

necessarie con la tempestività necessaria. Questa è oggi per il Partito Democratico una priorità nazionale:

restituire allo Stato e all’intera sfera pubblica efficienza e capacità di adempiere ai propri compiti.

Il nostro impegno riformatore vuole garantire un’effettiva uguaglianza di opportunità e affermare

una politica di emancipazione sociale in una società sempre più complessa e plurale. Noi ci riallacciamo

a tutto quel vasto movimento che, nei suoi filoni storici, si è caratterizzato sempre come un grande moto

di emancipazione delle persone dai vecchi vincoli di casta, di genere, di pregiudizi ideologici. Ma il

grande problema che resta e per certi versi si aggrava è che le disuguaglianze stanno aumentando, in Italia

come   nel   mondo.   Una   quota   sempre   maggiore   della   ricchezza   è   assorbita   dalle   rendite   e   dalle

speculazioni finanziarie mentre diminuisce la quota che va al lavoro. Questa tendenza è inaccettabile, e

contrastarla e invertirla è il compito del nuovo riformismo.

L’apertura dei mercati è positiva. Ma i mercati devono essere regolati. Le società non possono

ridursi a società di mercato, dove ciò che definisce i rapporti tra le persone è solo lo scambio economico. 

In una società pluralista, democratica e aperta i vecchi e nuovi mezzi di comunicazione di massa

devono essere strumento libero e autonomo di diffusione delle informazioni e della cultura, col quale tutti

possano esprimere la loro partecipazione alla vita sociale, economica e politica, la loro progettualità, le

loro aspirazioni. Questo rende indispensabile un’etica dell’informazione volta a salvaguardare la dignità

della persona.

5. Il pluralismo sociale, per una comunità forte e solidale

L’equità sociale non va considerata un onere da sostenere, ma un fattore sinergico di sviluppo

umano   ed   economico   e   di   partecipazione   autenticamente   democratica.   Il   welfare   è   la   garanzia   di

condizioni dignitose di vita e di attività per tutti i cittadini, e in particolare per le classi e le persone più

vulnerabili. Non deve essere una forma di assistenzialismo, bensì un insieme di servizi sociali, sanitari e

formativi   e   uno   strumento   che   renda   più   snella   ed   efficace   l’azione   pubblica,   anche   valorizzandol’apporto  dei corpi  della  società  civile,  secondo il  principio  della  sussidiarietà. Non tutto ciò che è

pubblico, e che  dunque  svolge  una  funzione  sociale,  deve essere  necessariamente  statale. L’impresa

sociale, il non profit, la cooperazione, il volontariato, l’iniziativa delle persone e delle comunità, devono

essere messe in condizione, attraverso scelte politiche ed economiche adeguate, di collaborare con lo

Stato per garantire i servizi necessari e la loro qualità.

Il  welfare  va   dunque   riformato.   Il   suo   ruolo   non   può   più   essere   quello   passivo   di   mera

assicurazione contro il rischio, ma deve diventare un sostegno attivo a chi oggi è obbligato ad affrontare il

rischio, per metterlo in grado di fronteggiare i continui adattamenti che la mobilità e la globalizzazione

impongono, a partire da un percorso educativo e formativo che duri per l’intera vita lavorativa. Grande

attenzione va rivolta al rapporto fra tempo di lavoro e tempo di vita. Donne e uomini vanno sostenuti

nell’attività che dedicano alla cura dei figli e della famiglia, il part­time deve essere consentito senza

discriminazioni di salari e carriera. In questa prospettiva il welfare promuove i diritti di cittadinanza dei

bambini e  delle  bambine  attraverso   un lungimirante  investimento  sulle loro  opportunità   di  vita. Gli

anziani, dal canto loro, devono essere pienamente considerati parte attiva e creativa della cittadinanza e

poter continuare a dare il loro contributo costruttivo alla comunità nazionale.

La  società  giusta che  noi  vogliamo investe  sul  valore  della  persona,  della  sua autonomia e

responsabilità. E interpreta il ruolo della famiglia tenendo conto sia dei diritti e doveri dei membri che la

compongono,   sia   delle   nuove   esigenze   espresse   dalla   società   civile.   La   famiglia   è   il   primo   luogo

relazionale, affettivo e formativo dove si sviluppano l’identità e l’inserimento sociale della persona. Le

famiglie, nella loro concreta condizione, sono destinatarie e protagoniste delle politiche sociali e vanno

incoraggiate con adeguati strumenti di sostegno pubblico, rivolte in modo particolare ai nuclei familiari

con figli.

Una società giusta, nel mondo contemporaneo, non può che essere una società dell’accoglienza e

dell’integrazione. L’integrazione è un processo  reso necessario dagli scambi economici, tecnologici e

culturali dell’età della globalizzazione, e dai flussi migratori che ormai hanno coinvolto appieno anche il

nostro   Paese.   L’immigrazione  non   dev’essere   vista   come   una   difficoltà   da   affrontare   con   politiche

meramente restrittive, ma come un’opportunità da interpretare e da governare, in modo da conciliarla con

le   esigenze   della  comunità   nazionale.  È  anche   grazie   al lavoro  e  alle  competenze   di tante   persone

immigrate   se   l’Italia   oggi   può   incrementare   il   proprio   sviluppo   e   la   propria   ricchezza.   La   sfida

dell’integrazione dev’essere affrontata su basi di parità e nella condivisione dei diritti e dei doveri, al fine

di realizzare un nuovo patto di cittadinanza nel rispetto dei valori costituzionali italiani ed europei.

Un’identità nazionale così concepita è sganciata dal riferimento angusto ai territori e ai confini e

sottolinea la  funzione  di  grande laboratorio  delle culture che il  nostro Paese  ha  sempre  svolto ed è

chiamato  a  svolgere  nel mondo  globalizzato. Gli  italiani nel mondo  sono una  parte importante  del

passato,  del  presente e  del  futuro  del  nostro Paese. Un’Italia consapevole  della  varietà  della  propria

comunità oltrefrontiera sa valorizzare le risorse umane e lavorative degli italiani nel mondo e rafforza il

proprio impegno sociale e culturale per loro.

Il Partito Democratico riconosce, valorizza e promuove le autonomie locali, nelle quali secondo

il principio di sussidiarietà risiede l’identità costitutiva della nostra Repubblica. In tal senso, e al fine di

stabilire   equi   rapporti   sociali   in   un   territorio   complesso   e   articolato   come   l’Italia,   i   democratici

sostengono   i   valori   dell’autonomia  e   del  federalismo  in   quanto   promotori   delle   capacità   di

autorganizzazione in grado di garantire la coesione sociale e territoriale del Paese. 

La   sicurezza   e   la   legalità  sono   valori   fondamentali,   senza   i   quali   non   è   possibile   alcuna

integrazione   né  alcuna  convivenza  democratica  e civile.  Il  rispetto  della legalità  e la  garanzia   della

sicurezza sono condizioni ineliminabili per lo svolgimento della vita individuale e collettiva, e per uncorretto rapporto fra istituzioni e società. La cultura della sicurezza e della legalità, perseguìta attraverso

la strutturazione di relazioni positive di ascolto e inclusione negli abituali contesti di vita, combatte il

degrado   urbano   e   sociale   che   alimenta   i   comportamenti   illegali,   e   lotta   contro   la   corruzione   e   la

criminalità organizzata, che impediscono lo sviluppo di intere aree del territorio italiano.

6. L’educazione, la formazione, la ricerca scientifica

L’educazione e la formazione devono essere poste al centro del nostro impegno. La scuola è la

sede non solo della formazione culturale ma dell’educare istruendo. È nella scuola che si pongono le

premesse della cultura democratica indispensabile alla convivenza in una società sempre più plurale e

multiculturale. Il Partito Democratico sostiene un sistema scolastico pubblico integrato, imperniato sulla

valorizzazione del ruolo educativo degli insegnanti, e in grado di garantire un’elevata qualità dei percorsi

formativi. La scuola deve farsi carico delle difficoltà di tutti gli studenti, e dare un sostegno effettivo ai

“capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”, come richiesto dalla Costituzione, valorizzando il talento

di tutti e promuovendo l’eccellenza. Solo la scuola può consentire quella democrazia della conoscenza e

quell’integrazione   culturale   e   sociale   che   siano   all’altezza   delle   sfide   della   globalizzazione

contemporanea.

Un sistema formativo efficace e flessibile apre a tutti nuove possibilità di formazione culturale e

professionale, di aggiornamento e di educazione permanente che sono necessarie nel continuo rinnovarsi

delle conoscenze e delle tecnologie, e che vanno intese anche come apprendimento di adeguate modalità

relazionali e collaborative. 

L’Università va sostenuta e potenziata come sede principale della ricerca culturale e scientifica,

come centro di produzione e sviluppo della cultura in tutti i suoi aspetti, come fulcro dell’innovazione con

conseguenze trainanti per l’intero sistema­paese. Gli istituti universitari e di ricerca devono essere centri

propulsori di idee e di prospettive innovative, capaci di interagire con una pluralità di ambiti territoriali e

sociali.   Va   accresciuta  l’autonomia   anche   finanziaria   delle   Università:  ma   alla   maggiore   autonomia

devono   far   riscontro   la   responsabilizzazione   nell’uso   delle   risorse,   l’apertura   ai   giovani   e   la

valorizzazione del merito nel reclutamento e nelle carriere. Alla libera ricerca delle università è affidato il

compito   di   valorizzare   le   nostre   tradizioni   culturali   e   di   mettere   in   relazione   i   saperi   richiesti   dai

cambiamenti in atto nella nostra società.

I  beni   culturali   italiani  raccontano,   senza   interruzioni   o   fratture,   l’evoluzione   culturale

dell’Occidente e  rappresentano  per il cittadino italiano l’elemento portante della  sua identità civile e

sociale. L’insieme del patrimonio culturale e paesaggistico italiano è un bene comune inalienabile ed è

una fondamentale risorsa economica del nostro Paese.

Il ritardo grave che l’Italia registra nel campo della conoscenza è l’ipoteca più grave che pesa sul

nostro  futuro.  È  questo  uno  dei  banchi   di  prova   del  nuovo  partito.  Il  Partito Democratico   sostiene

fermamente la  libertà della ricerca scientifica, che è alla base dei grandi conseguimenti tecnologici e

sociali delle società occidentali. La libertà di ricerca è un valore quanto mai strategico ai nostri giorni, in

cui la necessità di innovazioni e di risposte adeguate alle sfide globali si è fatta pressante. Per arrivare a

risultati creativi e condivisi, la scienza non può che battere strade diverse e parallele, imparare dai propri

errori, darsi tutto il tempo e gli investimenti necessari. Solo la ricerca avanzata, nella quale l’Italia ha

costantemente ottenuto risultati di primo piano a dispetto di gravi difficoltà e inadeguati investimenti, può

consentire al nostro Paese di affrontare con successo la competitività che caratterizza l’èra globale, le

difficoltà inerenti alle transizioni energetiche e al riequilibrio ambientale, i nuovi problemi medici relativi

all’innalzamento della durata e della qualità della vita.Lo sviluppo della ricerca tecnico­scientifica pone certamente  inediti interrogativi etici  relativi

all’impatto ambientale delle innovazioni tecnologiche e delle scelte energetiche e produttive, ai settori

biologico  e  medico,  alle  conseguenze   politiche,   sociali  e  umane   delle tecnologie  militari.   Il  Partito

Democratico intende affrontare questi interrogativi applicando integralmente i princìpi della laicità e della

condivisione democratica, e rendendo compatibile il principio della libertà di ricerca e di scelta con il

principio per cui non tutto ciò che è realizzabile tecnicamente è eticamente accettabile, né è sempre utile

sul piano sociale, economico, ambientale. Questo divario fra realizzabilità astratta e bene comune diventa

ancora più acuto in condizioni di risorse economiche scarse, in cui si è obbligati a fare delle scelte di

priorità e di urgenza. 

7. La speranza della pace: la storia non è finita

Il Partito Democratico intende inverare i valori ai quali fa riferimento in piattaforme politico­

programmatiche, che affinino il “chi siamo” come conseguenza del “cosa vogliamo”. Lo scopo di questo

Manifesto non è quello di pronunciarsi su tutti i temi dell’agenda politica e culturale, ma di tratteggiare il

profilo di un partito nuovo: per il ruolo politico di partito nazionale che vuole assumere, a fronte di una

crisi così profonda del vecchio organismo statale italiano, e perché si pone il problema di elaborare una

nuova idea di progresso umano. La condizione è che questa  forza riesca a proiettarsi nel mondo e a

misurarsi con la novità della condizione umana.

Il più  grande obiettivo che sta  di  fronte alla politica è di operare  per costruire  un orizzonte

democratico planetario in grado di impedire che ristrette oligarchie si arroghino il diritto di decidere la più

grande e sconvolgente redistribuzione delle risorse e del potere della storia del genere umano. È anche a

causa di questo gigantesco processo che stiamo assistendo a drammatiche turbolenze degli ordini politici

internazionali,   che   vanno   ridisegnati   e   messi   in   grado   di   prendere   grandi   decisioni   collettive.   La

conseguenza è che questo vuoto di governo alimenta sempre nuovi conflitti e nuove corse al riarmo,

compresa una proliferazione degli arsenali atomici. L’impegno per la pace torna ad essere più che mai

cruciale.

Il   Partito   Democratico,   per   l’ispirazione   etica,   culturale   e   politica   che   lo   sostiene,   intende

promuovere una politica attiva e intraprendente a  favore  della  pace,  richiamandosi allo spirito e alla

lettera della Costituzione italiana, ai princìpi generali della Carta europea e alla Carta delle Nazioni Unite.

In conformità all’art. 11 della Costituzione preso nella sua interezza, il Partito Democratico si adopera

affinché l’Italia si assuma le proprie responsabilità internazionali nel governo dei conflitti, in coerenza

con il diritto internazionale e attraverso le  organizzazioni  sovranazionali preposte alla  sicurezza, alla

giustizia  e  alla  pace.   Il  ripudio  della  guerra   va  coniugato  con l’attiva  partecipazione   dell’Italia   alle

responsabilità della comunità internazionale nell’assicurare un giusto ordine mondiale.

Al tempo stesso, il Partito Democratico è consapevole che siamo arrivati al limite di una crescita

meramente quantitativa. Non è più sostenibile il saccheggio delle risorse naturali operato da un modello

di sviluppo basato sui consumi crescenti e sugli sprechi di energia e materie prime. Una svolta nei modi

di vivere e di consumare delle società contemporanee è perciò necessaria. Il tempo si è fatto breve ed è

già sotto i nostri occhi lo sconvolgimento di tutti gli equilibri ecologici, dal clima alle risorse energetiche,

dall’acqua potabile alle fonti di alimentazione. Sono impegni di ordine politico, come di ordine culturale.

Le  questioni  ambientali  impongono misure   urgenti  e   cambiamenti  profondi   al modo  di  vivere,  ma

esigono   prima   di   tutto   la   consapevolezza   che   l’attuale   modello   di   sviluppo   si   è   pericolosamente

avvicinato a una soglia, oltre la quale verrebbe messa in questione la stessa esistenza dell’umanità. Si è

aperto un dibattito di portata analoga a quello che impegnò le autorità politiche, morali e scientifiche del

mondo intero quando si inaugurò l’era atomica.Tutto ci dice che la storia non è finita. Il mondo in cui viviamo appare sempre più come una

trama complessa di relazioni in continua evoluzione. E se è vero che questa evoluzione è sempre più

condizionata dall’azione  dell’uomo moderno e dall’uso che egli sta  facendo di una scienza e di una

tecnologia che oltrepassano i vecchi confini, questo significa che non è più adeguata una politica che non

prenda   coscienza   di  questa trama   di  relazioni   e  di interdipendenze.   Questa  presa   di  coscienza   è  la

condizione   essenziale   per   governare   il   mondo   in   cui   viviamo.   Se   non   assumiamo   questa   nuova

dimensione   storica,   se   una   grande   forza   riformatrice   non   assume   come   suo  compito   questa  inedita

necessità di “stare insieme”, pena la rovina comune, le donne e gli uomini saranno incapaci di costruire

un’esistenza pacifica basata sulla giustizia e sulla libertà.

Guidato dall’idea di una convivenza unitaria e plurale sempre più necessaria allo sviluppo della

comunità nazionale e mondiale, il Partito Democratico invita tutti i cittadini a condividere il suo progetto

etico e politico, per un impegno che rilanci il futuro del nostro Paese nel terzo millennio, ne reinterpreti e

rafforzi l’identità all’interno del concerto europeo, ne assicuri il contributo attivo alla pace e alla giustizia

nel mondo globalizzato